Evviva il camoscio!

14.10.2022

Chi conosce il mio junior chef, Benjamin, sa che è un uomo dalle molte passioni. Ha un debole per le bellezze dai capelli scuri e dalle gambe agili. L’oggetto del suo desiderio si chiama “Rupicapra rupicapra” ed è – probabilmente avrete già capito – il camoscio. Questi animali selvatici della famiglia dei bovidi da secoli sono ambiti fornitori di carne e pellicce, nelle Alpi. Chiunque abbia mai mangiato un kaminwurze a base di camoscio, può capire. E cosa sarebbe un cappello tradizionale senza una vera barba di camoscio? La barba non viene presa dal mento del camoscio, ma dalla schiena. In generale, il vademecum del cacciatore è pieno di parole che hanno a che fare con l’aspetto e il modo di vivere e di comportarsi di questi animali. Un branco di camosci composto da femmine e dalla loro progenie viene chiamato Scharwild o Geraffel, quando si parla di Krucken o Krickel si intendono le corna. E quando un camoscio si concede un Haberl, vuole dire che si prende una piccola pausa durante la fuga.

 

Sangue e calcoli magici nello stomaco

 

Quando si parla dei “suoi” camosci, Benjamin si entusiasma facilmente. Chiunque abbia mai osservato questi animali, nella natura, ne capisce il motivo. Le loro capacità di arrampicata e il passo sicuro sono eccezionali. Ma, lo spettacolo diventa unico durante la stagione degli amori, in autunno inoltrato: i maschi corteggiano senza sosta le femmine più belle e si avventurano in selvaggi inseguimenti su terreni scoscesi e rocciosi. Parola chiave: caccia. E non è molto semplice. Anche i cacciatori in forma come il nostro Benjamin hanno un po’ di difficoltà, perché il camoscio è avvantaggiato dalla notevole capacità polmonare e dalla potenza di salto.

Ormai si dovrebbe sapere che i cacciatori danno un importante contributo alla conservazione della fauna selvatica. Malattie come la cecità e la rogna del camoscio potrebbero estinguere interi branchi, se gli animali malati non venissero abbattuti rapidamente. Una volta, quando i cacciatori non erano a conoscenza di queste cose, pensavano che il camoscio fosse un animale magico: il suo sangue era considerato una cura miracolosa ed era costoso, com’erano costosi i bezoar, concrezioni che si trovavano nell’apparato digerente degli animali. Meno male che oggi ne sappiamo un po’ di più.

 

A caccia con Benjamin

 

C’è ancora tanto da raccontare e da scrivere sul camoscio. Ma “dal vivo” è tutto è molto più bello. Per questo, vi consiglio di venirmi a trovare in Val Senales. Benjamin sarà felice di portarvi in montagna e di condividere con voi le sue conoscenze. Ecco alcune domande a cui sono sicuro che sarà felice di rispondere: come si fa a distinguere una mamma dal suo cucciolo? Come si riconosce l’età di un camoscio? Perché è necessario essere in compagnia di un cacciatore esperto? Qual è il modo migliore per preparare un camoscio arrosto? Perché si dice: “Evviva, il camoscio?”.

Cordiali saluti, il vostro team dell’Oberraindlhof